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Brennero 2016: una lotta partigiana contro la chiusura dei confini

«Essere partigiano vuol dire fare delle scelte, prendere una parte. Chi ha fatto il partigiano durante la Seconda Guerra Mondiale poteva decidere se imboscarsi, arruolarsi o fuggire; c’è invece chi ha scelto di combattere. Se ci pensi, i ragazzi partigiani di vent’anni erano nati e vissuti durante il fascismo, per loro c’era sempre stato il fascismo, non c’era nient’altro e non avevano esperienze di un’alternativa. Eppure in quel momento han scelto di combattere per un’alternativa».

Queste le parole di Claudio, un ragazzo del centro sociale autogestito Pacì Paciana di Bergamo. In questa settimana dedicata a coloro che hanno lottato e che lottano per un’idea di stato civile, vi racconterò di Claudio e degli altri ragazzi del centro che hanno preso parte alla manifestazione del 3 aprile scorso al Brennero.

Mobilize aganinst the borders of Fortress Europe è una manifestazione nata all’interno di due campagne parallele: Over the Fortress e No Borders. Il primo è un movimento specifico, partito dalla Germania e che ha inglobato i centri sociali del nord est e successivamente, per la questione di Idomeni, anche quelli delle Marche, poiché uniti da un’area politica comune; la manifestazione del Brennero rappresentava proprio un passaggio di questa campagna.

«Inizialmente fu un movimento che si occupava di accompagnare i profughi siriani in Slovenia o in Austria», mi spiega Claudio, «i quali venivano “caricati” in macchine e furgoni, secondo l’idea e il principio fondamentale che la mobilità è un diritto inviolabile, così come è garantito per le merci». Al Brennero hanno vietato le manifestazioni del 24 aprile e del 7 maggio per motivi di ordine pubblico «La verità è che non si può chiudere il valico di frontiera: chiudere il valico di frontiera significa non far passare le merci. Le persone non hanno il diritto di passare, le merci si?».

Una manifestazione ad alto valore simbolico quella del Brennero. Lo sfondamento di una chiusura di confine già annunciato non era l’obiettivo dei manifestanti: «Al Brennero siamo andati per una questione di “potenza” intrinseca a quella giornata e di validità del percorso politico: come Pacì Paciana siamo sempre stati indipendenti dalle aree politiche dei centri sociali italiani e ci muoviamo semplicemente sulle cose in cui riconosciamo una validità, una valenza politica importante».

Partecipare e prendere parte a quella giornata ha significato portare alla luce il fatto che, ad oggi, nella nostra società esiste un gruppo di persone che si spostano tra un confine e l’altro. Quello che è accaduto al Brennero è stato un gesto simbolico e «la dimostrazione di una volontà di costruire qualcosa che a lungo termine potesse arrivare, se non al superamento dei confini, almeno a una critica dei confini stessi», chiosa Claudio.

Questo movimento pare avrà seguito, tanto che i ragazzi del Pacì Paciana continuano a rimanere in contatto con gli altri centri sociali coinvolti. Sarà un’iniziativa che probabilmente vedrà un’esplosione durante il periodo estivo, soprattutto per capire se sarà possibile fare qualcosa di più efficace e che possa lasciare un seguito forte.

Ho infine chiesto a Claudio cosa significhi per lui essere partigiano oggi: «La grande indifferenza su questi argomenti mi fa spingere in prima persona: quello che sento è di essere in dovere di fare qualcosa, con la parzialità dell’azione simbolica, dell’azione e dello scendere in strada. Il rimanere fermo non la considero come una possibilità Ci tocca decidere se provare ad agire, con elevate probabilità di fallimento, oppure di scegliere di ignorare e rimanere nell’inazione: la passività è intollerabile».

Fotografie di Francesca Gabbiadini

2504, Brennero, featured, Idomeni, No Borders, Over The Fortress, Pacì Paciana


Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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