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Cuba 2016. Dopo l’embargo e Fidel 

Flavia e Davide sono appena tornati da Cuba, esattamente tre giorni prima della dipartita di Fidel Castro, uno dei protagonisti indiscussi della storia del secolo scorso. I resti del lìder màximum della rivoluzione comunista sono stati interrati accanto a quelli dell’eroe cubano Josè Martì il 4 dicembre 2016, dopo nove giorni di lutto nazionale durante i quali l’urna ha viaggiato per tutto il Paese.

Con il funerale di Fidel, sembra che per Cuba sia giunto il momento di un forte cambiamento politico e sociale. All’indomani della rivoluzione castrista nel 1959, gli Stati Uniti d’America avevano difatti imposto el bloquelo contro Cuba, un embargo di tipo commerciale, economico e finanziario. Il 17 dicembre 2014, tuttavia, il presidente Barack Obama annuncia l’intenzione di porvi fine: da allora, Obama e Raùl Castro hanno dichiarato di voler riallacciare le relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Sebbene la fine dell’embargo non sia ancora stata approvata dal congresso americano e Donald Trump sia il nuovo presidente eletto, curioso è sapere cosa ne pensano i cubani di tali cambiamenti e, in particolare, scoprire come le decisioni di politica internazionale possano interagire con i piccoli gesti di vita quotidiana. Per comprendere ciò, chiedo volentieri a Flavia Serafini e Davide Pignero, veterinari in vacanza, della loro esperienza caraibica.

Ciao Flavia, ciao Davide. Quando siete stati a Cuba?

Il mese scorso, dal 7 al 22 novembre 2016.

Dove avete alloggiato?

Abbiamo sempre usufruito delle case particular, prenotate attraverso il passa parola di amici appena stati o tramite il servizio di Airbnb: da quando è arrivato Internet una anno fa, molte case particular si affidano a questo portale online.

Quali parti dell’Isola avete visitato? 

Partendo da L’Avana, abbiamo visto Vinales, Cayo Jutías, Playa Girón e Trinidad, facendo una capatina a Playa Ancón e finendo con Varadero.

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Cayo Jutías.

Cosa vi ha spinto fino all’isola di Cuba?

Cuba era da sempre tra le nostre mete di viaggio più ambite. Nello specifico, i racconti di amici e parenti entusiasti ci hanno spinto a prenotare, ma anche la voglia di andarci prima che “tutto cambi” è stato  un elemento fondamentale della nostra scelta.

Secondo voi, i cubani hanno cambiato il loro stile di vita dopo la fine dell’embargo? Avete personalmente vissuto tale cambiamento?

Da poco sono iniziate le trattative conseguenti alla fine dell’embargo. Ad esempio, da settembre 2016 sono iniziati i primi voli Miami-Havana, ma, a parte questo piccolo cambiamento, al momento sull’isola se ne parla e basta. Ci vorrà ancora un po’ di tempo per eliminarlo del tutto: i supermercati sono tuttora semi-vuoti, mentre i tipici prodotti americani (vedi Coca-Cola e altre bibite gassate) si trovano solo nei bar degli hotel e nei locali particolarmente turistici. I cubani stanno sì respirando un’aria nuova, ma i veri e propri cambiamenti devono ancora giungere e questo vale anche per noi turisti.

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Un contadino macina i chicchi di caffè a Vinales.
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Musicisti di strada a L’Avana.

Qualcuno di loro vi ha raccontato di aver affrontato cambiamenti nel quotidiano?

Durante il nostro viaggio, abbiamo sempre cercato di confrontarci con i proprietari delle case dove alloggiavamo. Internet è subentrato da circa un anno, grazie a Raúl Castro, e ci si può connettere solo in alcuni punti della città, solitamente nelle piazze principali. In generale, si possono acquistare le Targhete da 2 CUC (equivalenti a 2 euro) così da poter navigare in Internet per 60 minuti. Io e Davide abbiamo apprezzato questo sistema poiché ti permette di avere rete solo quando ti serve o quando ti vuoi svagare un po’, senza l’assillante possibilità di controllare la tua mail, il profilo Facebook, gli scatti su Instagram o qualsiasi altro social. È davvero piacevole e decisamente sano per la testa.

Comprensibilmente, però, i giovani cubani lo vogliono avere anche in casa e poter decidere da soli quando e dove usufruirne.

E che cosa si aspettano i cubani dal futuro?

Difficile dare una risposta immediata. I cubani hanno molto rispetto per Fidel Castro e la rivoluzione popolare che ha guidato. Finché c’è stata l’unione sovietica a sostenerli, per circa 30 anni sono stati molto bene, poi però, con il crollo del muro di Berlino, la situazione è peggiorata: durante i successivi 10 anni, nel cosiddetto periodo especial, il peso medio della gente si era ridotto di 1/3! La libreta con i prodotti base statali è stata ridotta a 2 kg di riso al mese, un boccettino di olio, una manciatina di caffè e per due anni le proteine animali sono state altresì escluse.

Con Raúl e il suo governo meno estremista, invece, alcuni esercizi commerciali sono stati privatizzati. Per esempio, a Trinidad fino al 2014 c’erano due ristoranti ed erano statali, mentre quest’anno se ne possono contare 90 e per la maggior parte privati. In questo modo la situazione economica si è un poco risollevata, ma i cubani esigono cambiamenti più drastici: chi non ha una casa da affittare ai turisti o un ristorante o un’altra attività privata fa fatica ad andare avanti. A favore però, c’è da dire che l’educazione e la sanità sono gratuite e aperte a tutti, senza contare che i medici cubani sono fra i migliori al mondo!

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Un bar a Vinales.

Secondo voi, come ha reagito Cuba alla morte di Fidel Castro? Esistono possibili differenze d’opinioni fra anziani e giovani cubani?

Le immagini in tv dei funerali di Fidel parlano da sole. Decide di migliaia di persone sono arrivate da tutta Cuba! Fidel li ha liberati da un dittatore appoggiato dagli Stati Uniti d’America. La rivoluzione di Castro fu eccezionale proprio perché è stato il popolo ad appoggiarlo, assieme a Che Guevara e Camilo Cienfuegos! Dunque non un esercito a capo della rivolta, ma un medico e un avvocato hanno guidato i cubani alla vittoria e questo, secondo noi, ha fatto la differenza.

Ovunque a Cuba ci si può imbattere in murales “VIVA FIDEL”, o raffiguranti il volto del Che e di Cienfuegos… nelle strade si respira la storia! Ecco perché i cubani lo dicono sottovoce di voler cambiare governo: provano ancora troppo rispetto per parlarne male. Tuttavia, i giovani sono più propensi al cambiamento e alla riapertura dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti; desiderano entrare in contatto con il mondo esterno, viaggiare e fare esperienze fuori dal Paese.

Qualche esperienza che volete raccontare ai lettori di Pequod per farli partecipi dell’atmosfera caraibica?

A L’Avana abbiamo speso 4 giorni e l’ultimo giorno ci siamo persi a piedi nel centro città: uno dei ricordi migliori del nostro viaggio! Gli edifici sono decadenti, ma fanno solo da sfondo a una vita di strada accesa e per nulla pericolosa. Per le strade tutti si conoscono e i bambini giocano fra di loro, mentre un signore ripara la sua vecchia Chevrolet degli anni ’50 e i carretti della frutta ti attendono ad ogni angolo. Siamo follemente innamorati di questa città!

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Murales in un campo da calcio. L’Avana.
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Due scolarette in un vicolo di Trinidad.

Infine, un suggerimento sul perché visitare Cuba, al giorno d’oggi.

Perché è un misto di storia, musica e gente meravigliosa! La consigliamo a tutti coloro che non vogliono la classica vacanza nei villaggi turistici caraibici, ma che invece desiderano scoprire abitudini quotidiane e immergersi profondamente in un popolo che sa come godersi la vita.

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Flavia e Davide a Plaza de la Revolucion (L’Avana).

Fotografie di Davide Pignero Flavia Serafini.

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Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.