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Dry&Dusty: l’antica musica dei monti Appalachi

Questo progetto nasce da una grande passione di Alioscia Alesa: il diploma alla Civica Scuola di Liuteria di Milano nel 2001, fa nascere in lui un amore sconfinato verso il banjo, dalla musica e la tecnica alla sua costruzione per una totale simbiosi con lo strumento. L’incontro con il violinista Alberto Rota porta alla nascita del gruppo.

«Dry & Dusty  è il titolo di un fiddle tune (pezzo che i musicisti suonavano quando, ad un certo punto, avevano la gola secca e volevano farsi offrire qualche liquore di contrabbando) e visto che all’inizio eravamo soltanto io e Alberto, calzava bene Asciutto & Polveroso», spiega Alioscia¸ Poi interviene Giusi Pesenti: «Hanno iniziato prima loro due, poi ho detto: ma non volete pure me?».

Il gruppo ufficialmente è nato intorno al 2009/2010 in maniera molto naturale e spontanea: «Abbiamo fatto due o tre concerti all’anno per circa due anni e poi abbiamo iniziato a suonare di più».

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Lo studio e la passione di Alioscia e gli innumerevoli ascolti di musica irlandese di Alberto e Giusi hanno creato un mix perfetto: i monti Appalachi (sud-est degli Stati Uniti) furono infatti una colonia scozzese e irlandese, nonché rifugio per schiavi neri scappati dalle piantagioni. Una commistione di generi e sonorità che regala atmosfere antiche.

La scelta dei brani avviene con l’ascolto e la ricerca di canzoni tradizionali: «C’è di bello che in America hanno registrato tantissimo negli anni Venti per cui è facile documentarsi, anche con archivi online. È ascoltando gli originali che poi troviamo il pezzo; in realtà ascoltiamo anche altri artisti contemporanei che, come noi, ripropongono questo tipo di musica, anche perché spesso le registrazioni originali non sono molto comprensibili».

Il genere dei Dry & Dusty è divertente e molto animato, ma rimane comunque una musica non immediata. Mi riferisco soprattutto alla scelta degli strumenti: con il banjo suonato della maniera “old time” – di solito il banjo viene suonato in stile bluegrass, con arpeggi continui, mentre con questo metodo si danno dei colpi dall’altro verso il basso – le percussioni e il violino il risultato finale potrebbe risultare inusuale, anche per via della mancanza di uno strumento “armonico”, come per esempio la chitarra.

Anche per il violino sono state fatte delle scelte particolari: in base ai pezzi, Alberto pazientemente cambia l’accordatura dello strumento a seconda del brano. «Questa è una prassi che si usava nel violino popolare anche in Europa. Successivamente nella tradizione europea si è persa e la si trova solo in alcune zone, per esempio in Norvegia, mentre in America è una prassi più usata. Ci sono due o tre accordature diverse che vengono usate e ho scelto di rispettarle anche per comodità, perché comunque cambiando accordatura e cambiando tonalità puoi far suonare molto di più le corde vuote, per cui poi lo strumento suona in maniera più corposa».

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Giusi racconta che per quanto riguarda le percussioni, non se ne trovano molte nelle registrazioni storiche, si sentono piuttosto i piedi che tengono il tempo. «Spesso succedeva che i musicisti dovessero andare a registrare a un giorno intero di viaggio in macchina e quindi si portavano solo l’essenziale. Comunque storicamente si suonavano le ossa, i cucchiai, il triangolo, tamburi con i sonagli. Io ho iniziato piano piano, prima con il bodhran (il tamburo irlandese) e poi ho cercato qua e là le varie tecniche per le altre percussioni».

Attualmente il gruppo ha inciso il disco Polly put the kettle on, ma «non abbiamo mai fatto la presentazione ufficiale perché è stato un parto lungo». Intanto continuano a suonare anche se, essendo questo un genere non molto conosciuto «va sempre a finire che si suoni o perché ci hanno sentito da qualche parte, o per conoscenze».

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Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.