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#Festivalcom Da Gregorio VII a papa Francesco: Alessandro Barbero e le parole dei papi nella storia

Papa Francesco nella sua lingua usa spesso, e in modo molto preciso, un’espressione curiosa tradotta banalmente come ‘fare casino‘. Nel 2013 in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù parlando ai giovani disse: “Mi aspetto che voi facciate casino. Casino nelle diocesi, la chiesa deve uscire in strada. Combattiamo il clericalismo: le parrocchie sono fatte per uscire, per stare tra la gente. Mi perdonino i vescovi se qualcuno farà casino contro di loro, ma questo è il mio consiglio”.

Alessandro Barbero, durante il suo intervento alla seconda edizione del Festival della Comunicazione, sceglie di citare questa particolare espressione di papa Francesco per illustrare come è cambiato il linguaggio del papato nei secoli.

Le parole dei papi sono sempre state espressione di come si esprime la Chiesa nel mondo. Attraverso le loro parole si osserva l’evoluzione del rapporto della Chiesa con il mondo: nel medioevo essi erano sicuri che Dio avesse dato loro il potere, sia spirituale che politico.

Questa idea di autorità si sviluppa dopo l’anno Mille, con la forte esigenza di dimostrarlo: va da sé che il potere politico non ne era felice.

Gregorio VII, scomunicando Enrico IV, spiega che è ovvio che l’imperatore debba obbedire al papa poiché l’impero è stato inventato dai laici e dai pagani, dai romani, e quindi una cosa inventata da pagani deve essere subordinata a ciò che è stato donato al mondo da Dio, cioè la Chiesa.

Dal Medioevo in poi però, sarà sempre più difficile riuscire a imporre il pensiero che l’imperatore debba essere subordinato a Dio.

Dal 700 il linguaggio però cambia, perché nonostante la Chiesa rimanga convinta delle credenze passate, è il mondo intorno ad essa a cambiare, con movimenti come l’illuminismo, la libertà di stampa, la rivoluzione francese. Il tono da iroso diventa quasi lagnoso e prolisso.

In epoca moderna, il potere politico del papa è ridotto a livello sia militare che carismatico.

A questo punto il linguaggio del papa non è più adirato né implorante, ma deve spronare e far riflettere. Giovanni XXIII, con la sua enciclica “Pacem in terris”, parla di diritti, di esseri umani con diritti e doveri che scaturiscono dalla sua stessa natura: è la prima volta che un papa parla di ‘persona’, una persona che ha il diritto di crearsi un avvenire per sé e per la propria famiglia.

#Camogli, #Festival della COmunicazione


Flavia Irene Gatti

Quando ero piccola sulla mia scrivania avevo un mappamondo e lo facevo ruotare e ruotare, immaginando luoghi e città da visitare. Dalla mia casa fra i laghi bergamaschi, provo a viaggiare, quando e quanto posso, e soprattutto a scrivere, di viaggi, di posti e di persone. Dopo il liceo classico e una collaborazione presso un giornale della provincia di Bergamo, mi sono stabilita a Milano, dove mi sono iscritta a Lettere all’Università Statale, laureandomi alla triennale nel 2012 e proseguendo gli studi di specialistica in Filologia Moderna, quasi ultimati. A Pequod sono caporedattrice e responsabile della sezione Viaggi.

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