Il pianoforte a pollice
Oggi vi parlo di uno degli strumenti africani più diffusi in Occidente. È quella scatoletta con attaccate sopra tante lamelle di metallo, la classica cosa esposta al negozio etnico che tutti prendono in mano e iniziano a spolliciare con gran foga ed entusiasmo. Ecco, quella “cosa” in realtà è uno strumento musicale e ha un nome: si chiama sanza.
La parola sanza o sansa o zanza (che significa “ legno”, in lingua Bantu – o in arabo sang, “cembalo” – quello che preferite) è probabilmente il termine più diffuso in Occidente per descrivere lo strumento. In Africa, data la sua diffusione, è conosciuto con un gran numero di nomi differenti – solo per citarne alcuni: m’bira (Zimbabwe), obudongo (Uganda), likembe (Zaire), Chitata (Mozambico). È molto diffuso anche nel Golfo di Guinea, nelle Antille, in Guyana, in Brasile e altre zone dell’America latina. Qui fu introdotto dagli schiavi africani e viene chiamato kalimba, lulimba, pokido o lukeme. Di nomi direi che ve ne ho dati, sceglietene uno e usatelo!
Lo strumento è formato da una serie di linguette di metallo o di canna posizionate su un risuonatore (che va dalla tavoletta di legno, alla cassetta di legno, a una zucca scavata). Le linguette sono attraversate da una sbarretta nella parte superiore, l’altra estremità è libera per essere pizzicata. Di solito per il pizzico vengono utilizzati i pollici (da qui il nome “pianoforte a pollice”). Il suono è determinato dalla linguetta orizzontale e può essere modificata facilmente facendola scorrere avanti o indietro. A volte il suono viene modificato avvolgendo del filo di ferro su ogni linguetta, ottenendo un effetto di ronzio.
In una catalogazione da veri studiosi possiamo inserire questo strumento nella categoria degli idiofoni a pizzico. Gli idiofoni sono tutti quegli strumenti in cui il materiale di cui sono fatti, per solidità o elasticità, produce il suono senza bisogno di supporti (come membrane o corde). “A pizzico” perché, le lamelle fissate ad un’estremità, vengono flesse e poi lasciate ritornare nella posizione iniziale “di riposo”. Ed è così che viene prodotto il suono.
È molto diffuso tra le popolazione dell’Africa sub-sahariana ed è lo strumento dei griot (una sorta di cantastorie e poeta che ha il compito di conservare e diffondere la tradizione orale degli antenati). Secondo la mitologia questo strumento era presente già ai tempi della creazione del mondo e, a quanto pare, ogni lamella rappresenterebbe una fase della creazione. Diffusa moltissimo in Zimbabwe presso le comunità shona, la m’bira e il suono prodotto vengono tradizionalmente associate ai riti di contatto con gli antenati. Il termine stesso deriva da una cerimonia religiosa detta bira. In queste comunità un buon suonatore ha molta considerazione e rispetto, è una sorta di eletto protetto dagli spiriti ancestrali. Egli di solito è anche un ottimo cantante: si esibisce seguendo dei modelli melodici adatti allo strumento, con piccoli testi ripetuti e momenti di improvvisazione.
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