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Indi Azan, la poetica della bellezza e la mostra In_di_segni

Spesso ci sono desideri e impulsi non comuni che ci spingono a fare qualcosa nella vita, qualcosa di più. Avere una casa, una macchina, una famiglia, tutte queste cose perfette e comuni, possono sparire di fronte al bisogno di creare qualcosa; un motore che spinge tutto: la curiosità.

E’ ciò che muove Indi Azan, la curiosità e il bisogno, quasi fisiologico, di creare qualcosa che parli di sé.

Indi, al secolo Nidia Zaninetti, è un’artista che non si faticherebbe a definire più che versatile, senza un progetto ben definito che racchiude in sé in realtà un progetto preciso: fare arte, senza distinzioni di sorta. Dalla pittura, al disegno, alla scenografia, alla poesia, all’artigianato, fra influssi di Art Nouveau e Arts&Crafts.

«Credo che l’arte sia la capacità di “arrivare” all’altro. Talvolta arriva al cuore, ai sentimenti, altre volte arriva alla mente, altre ancora arriva e basta e poi se ne va, come un profumo, lasciando semplicemente una scia».

Dopo il liceo artistico e cinque anni all’Accademia di Brera a Milano («Anacronistica e inconcludente almeno quanto me, ma ricca di stimoli e fascino»), è il momento di sperimentare, senza sosta: in teatro a fare l’attrezzista, la sarta e la stiratrice, ma anche la scenografa (disciplina in cui si è laureata nel 2012), e poi le decorazioni nei ristoranti, le carte da parati, la fotografia, ma anche le arti applicate, una passione, creando agende, quaderni e gioielli

«Non credo che l’arte si possa trovare soltanto nei musei o nelle gallerie, dovrebbe essere sempre presente nella vita quotidiana. Non me la sento di dire che un quadro ben fatto è un’opera d’arte mentre un oggetto realizzato a mano magistralmente da un artigiano non lo è. Esistono e sono sempre esistiti pittori e scultori (i cosiddetti artisti) che pur possedendo ottime tecniche sono in grado di produrre solo buon artigianato, mentre esistono e sono esistiti superbi artigiani (vasai, falegnami, ecc.) le cui produzioni più che oggetti d’artigianato sono vere opere d’arte».

Passando per diverse fasi della sua vita, in cui ha reso un affettuoso omaggio ai vari artisti e alle correnti che l’hanno ispirata, come il romanticismo inglese, il surrealismo o la pop-art, “giocando” con i loro soggetti e le loro tematiche, ha sviluppato uno stile che si crea e ogni volta si rimodella, apprendendo da ogni fase artistica avuta. il suo inconfondibile stile si potrà ammirare nei prossimi giorni (dal 9 al 22 febbraio) durante la mostra In_di_segni, al Frida, locale in zona Isola a Milano.

« I disegni che espongo sono dei semplici schizzi eseguiti con pennarello nero. Sono nati dalla precisa volontà di dimenticare le tecniche, il segno preciso e meditato e pure il colore. Lasciando andare la mano dove vuole, senza che si senta in dovere di seguire la mente. Spesso si tratta di disegni affollati, ma anche nella moltitudine tutti gli omini che si possono incontrare in questi disegni sono soli, al comando (o allo sbando) della propria esistenza, in un viaggio precario da affrontare inevitabilmente in solitaria.»

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Flavia Irene Gatti

Quando ero piccola sulla mia scrivania avevo un mappamondo e lo facevo ruotare e ruotare, immaginando luoghi e città da visitare. Dalla mia casa fra i laghi bergamaschi, provo a viaggiare, quando e quanto posso, e soprattutto a scrivere, di viaggi, di posti e di persone. Dopo il liceo classico e una collaborazione presso un giornale della provincia di Bergamo, mi sono stabilita a Milano, dove mi sono iscritta a Lettere all’Università Statale, laureandomi alla triennale nel 2012 e proseguendo gli studi di specialistica in Filologia Moderna, quasi ultimati. A Pequod sono caporedattrice e responsabile della sezione Viaggi.

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