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Lavorare viaggiando, vita da capotreno

Ogni giorno le stazioni della penisola italica pullulano di centinaia di utenti; i vagoni dei treni si riempiono tanto di turisti quanto di lavoratori pendolari, che quotidianamente percorrono chilometri su rotaie. Tra questi, c’è chi rende possibile questo servizio: stuart, controllori, capitreno lavorano viaggiando da una fermata all’altra, spostando le carrozze verso la loro meta.

Parlando con un giovane capotreno, mi racconta di come nel tempo cambi il rapporto con il viaggio:

«Sono entrato nel mondo dei trasporti lavorando come assistente di volo; allora spostarsi per lavoro era completamente diverso: trascorrevo giorni in posti molto lontano da casa, che si aveva tempo di visitare. Anni dopo ho avuto la possibilità di entrare nella realtà ferroviaria: è un posto di lavoro sicuro, con un buono stipendio. Ho iniziato come CST, sono diventato stuart e ora capotreno, grazie alla formazione interna all’azienda. I primi mesi ricordo che usavo il tempo sul treno per osservare il paesaggio, cercavo di vivere il mio lavoro come un continuo viaggio; oggi conosco ogni chiesetta o villa che si affacci sulla rete. Più che viaggiare, mi sposto».

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Racconta che la decisione di cambiare lavoro, lasciare il cielo per le rotaie, è legata a un progetto di vita famigliare: «Era impossibile creare una famiglia lavorando in aereo; il lavoro di stuart è tendenzialmente di passaggio, un periodo in movimento. Quando si è presentata l’occasione di entrare nel mondo delle ferrovie, ho lasciato il posto di assistente di volo e studiato per l’esame di ammissione. Trascorro ancora parecchio tempo lontano da casa, ma meno di prima e non per lunghi periodi. Ed ho la possibilità di risparmiare per il futuro».

Da moglie, penso alla sua che lo aspetta a casa; deve certo essere una donna dal carattere autonomo e forte, ma penso abbia le sue preoccupazioni: «Lavorando su treni e stazioni, a contatto con ogni tipo di essere umano, quali sono i rischi che effettivamente si corrono?»

«A volte può essere un lavoro difficile – conferma– soprattutto sui treni regionali, gli incidenti tra capitreno e persone senza biglietto sono all’ordine del giorno. Nei giornali compaiono i fatti più eclatanti, mutilazioni o ferite gravi, ma è frequente che un controllore venga percosso, uomo o donna che sia, soprattutto in determinate fasce orarie, in cui ormai è quasi impossibile lavorare. Spesso ci si trova di fronte ad evidenti cause perse: persone che provengono da quartieri critici o nullatenenti, che non ha nemmeno senso multare. Sui treni ad alta velocità, gli incidenti sono più rari, ma ci sono comunque episodi fastidiosi o critici. Il problema principale è la maleducazione degli utenti: non conoscono gentilezza, non ringraziano e sono molto pretenziosi».

La sicurezza delle stazioni è in effetti una nota piuttosto dolente nel nostro paese, basta pensare alla facilità di accesso che hanno tanto le fermate quanto vagoni e binari. «Quanto siete tutelati dal rischio attentati?»

«In effetti, non esiste un piano di prevenzione di attacchi terroristici: non c’è come in aeroporto un sistema di scansione delle persone che hanno accesso alla rete ferroviaria. Mi è capitato di pensarci in un’occasione: ho dovuto fermare il treno per “presenza di estranei sui binari”, che è una dicitura standard per indicare che ci sono persone lungo le rotaie. L’ipotesi tendenzialmente più probabile è che siano aspiranti suicidi, la cui presenza viene il più delle volte rilevata prima dell’arrivo del treno. Sui vagoni si è invece diffuso un lieve panico temendo in un attentato; in realtà è molto più probabile che un potenziale attentatore si trovi sul treno piuttosto che sui binari, ma le persone erano spaventate dal fatto che il treno si fermasse».

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Per chiudere la nostra chiacchierata, chiedo se resti qualcosa dello spirito di viaggiatore dopo giorni e giorni di movimento lungo la penisola: «Si impara la pazienza e ad adattarsi; ad aspettare il trascorrere dei giorni per riabbracciare casa e a dormire in qualsiasi posizione. E si conoscono le persone: non è sempre facile, ma basta incontrare la persona giusta, il giusto sorriso per veder svoltata la giornata».

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Sara Ferrari

Nata e cresciuta nelle valli bergamasche a fine anni 80, con una gran voglia di viaggiare, ma poca possibilità di farlo, ho cercato il modo di incontrare il mondo anche stando a casa mia. La mia grande passione per la letteratura, mi ha insegnato che ci sono viaggi che si possono percorrere anche attraverso gli occhi e le parole degli altri; in Pequod faccio sì che anche voi possiate incontrare i mille volti che popolano la mia piccola multietnica realtà, intervistandoli per internazionale. Nel frattempo cerco di laurearmi in filosofia, cucino aperitivi e stuzzichini serali in un bar e coltivo un matrimonio interrazziale con uno splendido senegalese.

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