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Pic-nic con Vivaldi su un “fiorito ameno prato”. È Primavera!

Una musica senza tempo, eterna e immutabile. È la Primavera di Antonio Vivaldi composta prima del 1725, quando ad Amsterdam l’editore Michel-Charles Le Cène dava inizio alla diffusione di questo sognante movimento.
La Primavera fa parte dell’opera Il cimento dell’armonia e dell’inventione composta di dodici concerti solistici. Le Quattro Stagioni, op.8 n. 1-4, composto di quattro  concerti che si riferiscono alle quattro stagioni – Primavera, Estate, Autunno, Inverno – viene eseguito, secondo l’organico in partitura originale, da un quartetto d’archi (violino primo e secondo, viola, violoncello) e basso continuo (poteva essere eseguito da clavicembalo o organo).

Tutti e quattro i concerti de Le Quattro Stagioni sono accompagnati da altrettanti sonetti. Quello de La Primavera:

Allegro
Giunt’ è la Primavera e festosetti
La Salutan gl’ Augei con lieto canto,
E i fonti allo Spirar de’ Zeffiretti
Con dolce mormorio Scorrono intanto:
Vengon’ coprendo l’aer di nero amanto
E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti
Indi tacendo questi, gl’ Augelletti
Tornan di nuovo al lor canoro incanto:

Largo
E quindi sul fiorito ameno prato
Al caro mormorio di fronde e piante
Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.Allegro
Di pastoral Zampogna al suon festante
Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
Di primavera all’apparir brillante.

Musica a programma. Un genere musicale che iniziava a piacere un sacco e che troverà la propria definizione nel periodo romantico. Si tratta di un tipo di composizione puramente descrittiva, che evoca e narra una storia con mezzi puramente musicali. La musica imita la vita quotidiana, riproduce i suoni della natura, evoca stati d’animo e fa uso di onomatopee fondamentali come il suono del vento e del mare, i sospiri e il cinguettio degli uccellini. Ascoltando il concerto vivaldiano ci si renderà immediatamente conto di come le sue quattro stagioni siano reali: Estate è caldo, afa che opprimono e solo nell’ultimo movimento saremo rinfrescati dall’arrivo di una tempesta. Tetro e scuro è invece l’Inverno.

Nel periodo barocco si cercano nella musica, attraverso le sue connessioni con la poesia, valori espressivi identificati esteticamente (anche se in campo strumentale si verificò una tendenza contraddittoria a creare strutture esclusivamente musicali). Ciò nacque in parallelo con quanto era accaduto nella letteratura, ossia nacque una retorica della musica: una sorta di “tavola di equivalenze” tra i vari aspetti del linguaggio musicale e l’espressione di determinati sentimenti.

È proprio in quest’epoca, infatti, che si sviluppa un’importante riflessione su due grandi temi che interessano il mondo artistico e letterario: la teoria musicale e l’estetica musicale. Occorre innanzitutto tenere in considerazione il fatto che è proprio in questo periodo che viene definita la nostra tanto amata scala musicale, il sistema tonale (nella sua concezione occidentale) e si crea la definitiva distinzione tra modo maggiore e modo minore.


Filosofi e scienziati dell’epoca, come Cartesio, Bacone e Keplero, si occuparono di classificare la musica nell’ambito dei loro sistemi: si manifestò un prevalente orientamento a considerare il linguaggio musicale anche in base a studi di carattere fisico – acustico, come specchi dell’animo umano. Nasce così una considerazione della musica che la vede come arte più prossima alla divinità, mediante l’imitazione della natura.

Muovere gli affetti e creare meraviglia”, questo un po’ il motto di quest’epoca arzigogolata. Come abbiamo visto, sviluppo di tecnica e consapevolezza estetica della musica, han fatto sì che si affermasse l’autonomia di forme “concertanti” come la sonata, la sinfonia, il concerto grosso e in concerto solistico. Gli organici erano composti da strumenti ad arco e strumenti a fiato che si alternavano in Solo e in Tutti, e che vedevano la successione di più movimenti, basati sull’abbinamento di un movimento lento prima di un movimento veloce.

Gli strumenti diventano protagonisti assoluti: un elemento tipicamente barocco è la scoperta del virtuosismo strumentale come elemento a se stante nella musica. C’è da dire che il virtuosismo già esisteva, per esempio legato a strumenti come il liuto e l’organo nel Cinquecento, ma non era stato mai praticato sistematicamente e nemmeno era apparso come un valore autonomo dell’espressione artistica. Tutto ciò avverrà invece proprio in epoca barocca grazie a due conquiste fondamentali: innanzitutto l’invenzione dell’apposita tecnica compositiva destinata a valorizzare quegli aspetti dell’improvvisazione che precedentemente erano visti solo come “grande bravura”. In secondo luogo ci fu un grandissimo lavoro di perfezionamento e selezione di strumenti come l’organo, il clavicembalo e degli strumenti ad arco, che andarono a favorire proprio a livello tecnico l’esibizione virtuosistica. Da qui vediamo come alcune forme musicali, come la sonata e il concerto solistico, nacquero in base alle esigenze di sfruttare la tecnica del virtuosismo come variante delle strutture musicali.

Ora andate a recuperare il flauto dolce che suonavate a scuola, dategli una spolverata e siate virtuosi.

Antonio Vivaldi, featured, Le Quattro Stagioni, musica a programma, primavera, teoria musicale, virtuosismo


Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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