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Proiezioni pocket: tutta la magia del cinema in meno di venti minuti

L’idea è quella di un pezzetto di legno che si incastra nella pelle e ci rimane, infastidendo, ma stimolando: da qui sono partiti i ragazzi della Scheggia, associazione culturale milanese nata nel 2004, che collaborando sotto il segno della ricerca e della sperimentazione propongono nuovi percorsi visivi e riflessivi.

Negli anni l’organizzazione cresce e diventa punto di riferimento per eventi e rassegne cinematografiche, realizzando grandi progetti come i festival Milano Wants to Be Independent, Dispersival e Cinemartpresso il Parco Martesana.

Dopo aver lasciato la sede storica di via Dolomiti a Milano, hanno iniziato un pellegrinaggio che ha proposto il cinema in svariati luoghi e formati: locali, muri di città; nasce poi una collaborazione duratura con Santeria in via Ettore Paladini con le Cinemerende-film belli e poco visti, dove si proietta in lingua originale, e Spazio Ligera in via Padova.

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Tra le bancarelle di Levi’s consumati del mercatino delle pulci pettinate di via Stazio, abbiamo scorto un furgoncino e una gran folla: il furgoncinema!

L’idea di un cinema itinerante era già nota in Italia, ma non in formato ridotto e vintage: tutto nasce un anno e mezzo fa dall’incontro della passione della Scheggia con l’estro della Salumeria del design indirizzandosi verso rassegne legate alla città, con proiezioni che non durassero più di venti minuti, come Milano calibro nove, L’amore in città e Cinema da tavola.

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Nelle vostre rassegne è quasi sempre presente una nota marginale ed insolita, unita all’inusuale luogo delle proiezioni, da dove nascono tutti i progetti?

«Le nostre rassegne sono il frutto di collaborazioni e proposte che riceviamo, con il tempo il livello è cresciuto e noi con loro, ma quello che abbiamo sempre ricercato è il “poco visto”, qualcosa di interessante e originale, perché crediamo nella scoperta del nuovo, la conferma del vecchio la lasciamo ad altri».

Entrare nel vostro furgone è come partire per un viaggio rimanendo fermi, chi sceglie le mete visive? Cosa vorreste che rimanesse a chi si accomoda sulle vostre poltroncine?

«Le mete visive sono selezionate e montate ad hoc da uno di noi. La scelta di realizzare episodi legati a Milano ci è parsa subito la più adatta in virtù dello spazio e del tempo e anche per questo non consideriamo ripetibile il progetto altrove, vorremmo compiere un viaggio in una sorta di scatola della memoria: com’era Milano, com’è cambiata. Ci piacerebbe rimanesse la magia del cinema, anche se in formato pocket».

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Al mercatino vi abbiamo visti tra i meandri dell’handmade, del vecchio che trova nuova vita nelle mani dei nuovi arrivati: l’eredità cinematografica dei colossi della settima arte che fine è destinata a fare?

«Il cinema italiano dagli anni cinquanta in poi e quello di genere ha lasciato davvero una grande eredità e alcuni periodi, come alcuni autori, sono ancora considerati all’estero come dei maestri a cui rifarsi.  Ora l’industria del cinema crediamo sia cambiata: si va verso un cinema sempre più tecnologico, tridimensionale, dimenticandosi appunto che la magia del cinema e il suo stupore sono molto più semplici da realizzare, consigliamo a questo proposito di andare a vedere i film di Georges Méliès!»

Progetti per il futuro?

«Ad ora, quello a cui stiamo lavorando è il festival all’aperto nel parco della Martesana: Cinemart Film Festival, giunto alla sua terza edizione, si tratta di un progetto davvero ambizioso e che crediamo possa crescere negli anni. Però come diceva Joe Strummer: “il futuro non è scritto“».

 

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Vanessa Martinoli

Dalla primavera del 1994 procedo per tentativi la maggior parte delle volte, inizio, infatti, studi classici per poi abbandonarli e lanciarmi verso le scienze umane, tra i cui meandri mi innamoro di Montale e scelgo di iscrivermi a Lettere Moderne. Introversa per natura, preferisco scrivere, piuttosto che parlare. Sono sistematicamente attratta dal colore, dalle forme, da tutto ciò che è arte e da chi non si vergogna di esprimere, ma non distinguendomi particolarmente su tela, prediligo carta e inchiostro, così vago per le gallerie d’arte di Milano e provincia e scrivo di quello che c’è di bello in circolazione.

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