Skip to main content

Scioperare a Bergamo. Storia de #LottoMarzo e #nonunadimeno

Quest’anno una marea nera e fucsia si è riversata nelle strade di tutta Italia durante la giornata dedicata alla Donna. L’8 marzo, una festa solitamente caratterizzata dalle gialle mimose, diventa nel 2017 lo Sciopero generale delle Donne al grido di “Non una di meno”, neonato movimento femminista che si prefigge la denuncia della violenza di genere in tutte le sue forme. In Italia troppo spesso la violenza sulle donne viene considerata un’emergenza, mentre in verità è una problematica di tutti i giorni. Lavorando a un piano femminista contro tali violenze, il movimento rimarca il rifiuto dell’oppressione, dello sfruttamento, del sessismo, del razzismo, e della omo e transfobia attraverso uno sciopero di 24 ore al quale hanno aderito i sindacati minori. Online esiste inoltre un manifesto chiaro e conciso in 8 punti sul perché dello sciopero.

 

 

Numerose iniziative si sono svolte in tutta la penisola. Tantissime persone (non solo donne!) hanno manifestato nelle principali città italiane con cortei, assemblee nelle piazze, nelle scuole, nelle università, negli ospedali per dimostrare come la violenza machista contro le donne sia una questione sociale e culturale, radicata nella nostra quotidianità.

«Il maschio violento non è malato,

è figlio sano del patriarcato».

Attenzione però, l’aggettivo “machista” non è una scelta casuale: con machista si vuole indicare tutte quelle azioni perpetrate sia da uomini che da donne nei confronti di un’altra persona. Non è nuova la presenza del machismo proprio all’interno dei movimenti femministi, donne che puntano il dito verso altre ad esempio per una gonna troppo corta o un seno troppo in vista. L’accusa del sessismo all’interno dei movimenti è invece uno degli 8 essenziali punti di “Non Una di Meno”:

«Gli episodi di violenza e sessismo dentro ai movimenti, agli spazi autogestiti e occupati non sono un’eccezione ma la conseguenza di quotidiane asimmetrie e gerarchie di potere e di divisione binaria dei ruoli all’interno degli spazi sociali».

Il respiro internazionale è un altro punto di forza di questa manifestazione: 48 paesi hanno difatti aderito allo Sciopero di ieri, tutti e quarantotto denunciando violenze e soprusi di genere. “Non una di meno” non è solo una Rete che riunisce collettivi e associazioni in tutta Italia, ma altresì un movimento nato in Argentina nel 2015 e rafforzatosi a novembre 2016 a seguito della morte della sedicenne Lucia Perez, seviziata, stuprata, uccisa e impalata da un gruppo di uomini. Dall’America Latina, il movimento ha attraversato l’oceano per giungere in Europa. “Non una di meno” si è formata a Roma grazie alla rete Io decido, l’associazione Dire (Donne in Rete contro la violenza) e UDI (Unione Donne in Italia). Da pochi mesi, il movimento è arrivato sino nella mia città natale, Bergamo, dove proprio ieri sera si è svolta la camminata notturna per le vie del centro cittadino, con l’obiettivo di riprendersi la libertà di vivere le strade la sera, senza molestie né paura. Ho dunque partecipato alla manifestazione per testimoniare questo nuovo sussulto femminista e documentarlo in foto, sperando di trasmettere nelle immagini il vento di affermazione di una città, e un’Italia, che vuole far ritornare l’8 marzo una giornata di valore politico e sociale. Ieri a Bergamo eravamo quasi 4 mila.

 

Tuttavia “Non una di meno” non si fermerà l’8 marzo. Le problematiche di genere denunciate ieri sono tutte raccolte nel Piano antiviolenza, che mette in atto non solo soluzioni, ma anche e soprattutto prevenzioni di questa veemenza strutturata nella nostra cultura e società.

 

#LottoMarzo, #nonunadimeno, featured, manifestare, Non una di meno, nonunadimeno1, patriarcato, Sciopero delle Donne


Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.