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Signori, non urlate per favore!

Stati Uniti, anni 20 del secolo scorso. Più precisamente New York. È sera tardi e le strade sono semideserte. Passa di tanto in tanto una pattuglia della polizia per il consueto turno di sorveglianza. Che fine hanno fatto le persone? Perché nessuno, o quasi, esce di casa? Il problema ruota tutto attorno ad una legge entrata in vigore il 16 gennaio 1920, mi riferisco al Volstead Act. Da quanto sancito veniva proibita la vendita ed il consumo di alcolici nei bar, la loro importazione ed il trasporto. Il tutto, secondo gli ideatori, era finalizzato ad una maggiore moralizzazione della società americana, vittima di crimini e violenze alla cui base, sempre secondo i legislatori, vi era la piaga dell’alcolismo.

Come conseguenza dell’entrata in vigore della legge, ogni tipo di bevanda alcolica venne bandito in tutti gli Stati Uniti: ciò, però, provocò la nascita e lo sviluppo di un mercato nero gestito prevalentemente dalla malavita. Importanti gangster, il più famoso dei quali è sicuramente Al Capone, iniziarono ad erigere veri e propri imperi del contrabbando di alcol in questi anni. La loro fortuna era dovuta principalmente al fatto che i cittadini americani, anche dopo l’entrata in vigore della legge, non vollero rinunciare a bere ed erano così disposti a pagare un prodotto talvolta di bassa qualità a prezzi raddoppiati. Oltre all’importazione da Paesi in cui gli alcolici erano ancora legali, come Canada e Messico, si diffuse, infatti, la pratica di realizzare birra e surrogati del whiskey in laboratori clandestini in modo da venderli ai vari clienti. Da sottolineare è il fatto che, almeno in un primo momento, semplici bottiglie venivano vendute sottobanco in negozi di generi comuni, poi però iniziarono a diffondersi i cosiddetti speak-easy e allora cambiò tutto.

Tradotto speak-easy significa letteralmente “parla pianoo parla a bassa voce, ma al tempo del proibizionismo stava ad indicare quei bar o club privati che illegalmente servivano bevande alcoliche ai propri clienti (in cui, ovviamente, era buona cosa non urlare molto se non ci si voleva far scoprire dalle autorità). Spesso camuffati con insegne di insospettabili negozi o botteghe, per accedervi serviva una parola d’ordine da riferire all’ingresso. Ciò però non bloccò le retate della polizia che si susseguivano molto frequentemente, il che contribuì a generare un vero e proprio clima di tensione per le strade delle città che non di rado erano teatro di scontri tra i gangster e le forze dell’ordine. A fronte di questo clima è opportuno specificare che gli speak-easy proliferarono comunque tanto che durante gli anni ’20 nella sola New York se ne potevano contare circa 32000. Successo, questo, a cui molti contemporanei hanno deciso di guardare e di imitare: così a distanza di quasi cent’anni dai ‘’ruggenti anni ’20’’ lo spirito dei bar clandestini torna in auge anche se di clandestino hanno poco o niente.

E di questo spirito vive 1930 cocktail bar a Milano in zona piazza cinque giornate. L’indirizzo vero e proprio non è dato saperlo se non si possiede la tessera dei soci, questo al fine di selezionare una clientela in grado di apprezzare appieno i prodotti offerti. Aperto nel 2013, il locale catapulta il cliente in uno speak-easy come si deve e, se si considera che bisogna imbucare una viuzza stretta e quasi nascosta e alla fine bussare a una porta del retro di una gastronomia etnica, l’effetto non può che essere più che stupefacente. Una volta entrati colpisce subito l’arredamento da jazz age, ma soprattutto sono sorprendenti i bicchieri e gli accessori per i cocktails. E a proposito di cocktails nulla è lasciato al caso perché i vari barman offrono una selezione con i fiocchi: avete mai bevuto un ‘’Manhattan in Kentucky’’ o un ‘’Milanes’’, se la risposta è no, questo è il posto giusto per farlo. Significativa è anche la descrizione che il locale da di se stesso sulla propria pagina Facebook:

Why the name 1930?
We are at number 19 of the street, and its hidden in a bar called
“Caffetteria 30”. The tram 19 brings in Porta Genova, the tram 30
brings to 1930; we open at 19.30; 1+9+3+0 and equals 13, the day
of the opening of all our places.

Un luogo in cui tutto sembra sospeso tra passato e presente, esclusivo e misterioso, in cui poter bere ottimi drink è veramente un’ottima trovata che consente alle persone di tuffarsi in un’altra epoca e di vivere per qualche ora come al tempo del Gatsby di Fitzgerald.

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Matteo Fornasari

Cremonese di nascita, classe 1995, riesco ad oltrepassare l’ostacolo della maturità nel luglio del 2014 e a conseguire un sudatissimo diploma in lingue straniere. A settembre dello stesso anno la passione per la storia mi porta ad iscrivermi all’Università degli Studi di Milano dove quasi casualmente trovo Pequod, ed è qui che ha inizio la mia avventura.

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