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Stavropoleos, una chiesa nella vita notturna di Bucarest

Nell’anniversario dell’attentato al Museo del Bardo, Pequod vuole farsi promotore di tutte quelle realtà culturali che per un motivo o per l’altro diventano bersaglio di un pensiero a loro avverso.  Personalmente, la prima volta che incontrai una realtà appartenente a questa tipologia, o la prima volta in cui concretizzai tale consapevolezza, fu durante la mia prima passeggiata nel centro storico di Bucarest. Appena arrivata, mi diressi verso il luogo che ho sempre pensato essere cuore vivo e pulsante della cultura cittadina: questa volta però ad attendermi al varco del centro storico non vi erano cattedrali, musei o gallerie d’arte… solo pub, discoteche e kebab, affiancati talvolta da negozi di souvenir.

Tra un morso a un panino e un sorso di birra (poiché bisogna pur sempre restare ottimisti), cominciai a vagare tra le vie che vantano la vita notturna più sfrenata del Paese, sino a quando per pura coincidenza mi ritrovai di fronte al cancellino della minuziosa e incantevole Chiesa di Stavropoleos. Risalente al 1721, la chiesa vi conquisterà per l’accoglienza; una volta nel cortile, i rumori cittadini sembrano sparire per lasciare spazio alla quiete e alla curiosità, alimentata dalle numerosi lapidi e ricche decorazioni di legno. Seppure l’interno della chiesa meriti una visita, chi scrive suggerisce altamente di godervi il cortile, progettato dall’architetto rumeno Ion Mincu. Non esiste difatti un solo parco della capitale capace di tener testa alla pacatezza della Biserica Stavropoleos, che cerca imperterrita di resistere all’avanzare del consumismo in un angolino dimenticato del centro storico (in via Stavropoleos, per l’appunto).

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Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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