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Un giorno a Detroit

Quando non riesco a viaggiare per fortuna ci pensano gli amici a portare un po’ di mondo nella mia routine quotidiana! Può capitare che alcuni sorvolino oceani per approdare a terre lontane, sino a Detroit. Questa è la storia di Lorenzo Vergani, dottorando 27enne presso la Facoltà di Agraria di Milano, che per un corso universitario si è spinto fino nel Michigan. Peccato che l’albergo, alloggio e sede dei workshop, fosse a venti minuti di Uber da Detroit. Il lavoro era tanto e il tempo libero poco, ma un giorno bisognava pur dedicarlo alla città. Lorenzo la visita durante una soleggiata domenica dello scorso settembre, si guarda attorno cercando di carpire più dettagli possibili. Pequod lo ha seguito con lo sguardo.

Conosciuta ai giorni nostri per la famosissima 8 mile e per Il Banco dei pugni, Detroit è la diciottesima città degli Stati Uniti con una popolazione di 701.475 abitanti, meno della metà dei cittadini che possedeva all’apice della sua fortuna industriale durante gli anni Cinquanta.

«Era la prima volta che mi trovavo in una ghost town», racconta Lorenzo, «Quando siamo stati noi non c’era in giro praticamente nessuno; se non qualcuno sul lungo fiume». A seguito della crisi economica la città si è svuotata completamente dei lavoratori e impressionante è «salire sulla monorotaia sopraelevata che gira su un panorama deserto». Durante la passeggiata, Lorenzo e i suoi colleghi hanno visitato la downtown: «È come se fosse il nostro centro, ma assai diverso: non ci sono musei, ma molti centri commerciali e grattacieli. In particolare quello enorme della General Motors». Dal 72esimo piano di questo edificio, il mio amico poteva abbracciare con lo sguardo l’intera town, e contemplare ciò che Detroit era in passato. I più alti e sfarzosi grattacieli di oggi cozzano difatti con i vecchi palazzi, vuoti e in rovina, testimoni del primo nome della città Motown, ovvero Motor Town, a indicare la principale sede statunitense delle più rinomate case automobilistiche americane.

Una classifica su ciò che più impressiona a Detroit? La quantità di persone obese è di certo al primo posto per il mio amico snello, seguita dall’ostentazione di «un certo stile di vita. In particolare da parte degli afroamericani: li puoi osservare sui loro motoscafi costeggiare la riva del fiume, tra festini e altissima musica rap. Oppure, per la città con macchine d’epoca truccate, dai cerchioni lucidati e abbellite da lucine».

Fotografie di Lorenzo Vergani.

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Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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