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Vino su tela

«E sopra il tutto aborrisca il pittore tutti li vizii»

Con queste parole Paolo Pini, letterato e pittore veneziano del XVI secolo, indicava quella che doveva essere la condotta di ogni uomo definito “artista”; una visione che si discosta di molto dall’immagine popolare di persona dissoluta e a tratti folle che il Novecento ci ha restituito.

L’immagine ideale dell’artista nei secoli passati era quella di un uomo misurato, di grande spirito, gentile nei modi e di alto livello culturale poiché, come recitava Jonathan Richardson nel 1715, «il modo per essere un Pittore Eccellente è di essere un Uomo Eccellente».

Tuttavia la storia dell’arte è attraversata da artisti a cui piaceva alzare il gomito e capolavori dove gli alcolici sono protagonisti: di Hans Holbein il Giovane, famoso per il quadro degli Ambasciatori con il teschio visibile di scorcio, si dice che fosse un gran bevitore, come anche di Frans Hals, nelle cui opere non è raro trovare uomini dediti al vino; così la vita a dir poco avventurosa di Benvenuto Cellini potrebbe riempire le pagine di un romanzo, fino ad arrivare a Jackson Pollock, ricoverato per abuso di alcolici.

Frans Hals, Il banchetto degli ufficiali della Guardia Civica di San Giorgio (1616)
Frans Hals, Il banchetto degli ufficiali della Guardia Civica di San Giorgio (1616)

Per gli antichi il vino era una bevanda quasi sacra e allo stesso tempo pericolosa, tanto che i Romani arrivarono a vietare i riti dionisiaci, nei quali il vino scorreva a fiumi, poiché contrastavano con la condotta misurata del buon civis Romanus. Nel Medioevo il vino fu affiancato al sidro e alla birra nella rappresentazione di scene campestri o episodi evangelici, ma è solo dal Rinascimento che la sua immagine si arricchisce di significati intrinseci.

Tra le opere più celebri in cui il vino è protagonista c’è il Bacco di Caravaggio in cui un giovane, agghindato con un lenzuolo e dei racemi d’uva nella folta chioma, porge in modo invitante un calice di vino rosso. Sotto la stesura uniforme delle pennellate si cela l’allusione a Cristo: come Bacco donò agli uomini il vino per consentirgli di raggiungere quello stato di euforia e leggerezza che li avvicina alle divinità, così il Cristianesimo lo vede come un dono divino; non è un caso infatti che Gesù trasformi l’acqua in vino per rallegrare gli invitati alle Nozze di Canaan.

Caravaggio, Bacco (1596-1597)
Caravaggio, Bacco (1596-1597)

Meno raffinato è invece il pesante Sileno ubriaco del Trionfo di Bacco e Arianna di Annibale Carracci (in copertina). Questi tiene in mano una scodella ormai vuota, mentre due putti lo sorreggono per non farlo cadere dal dorso del mulo che cavalca: una versione mitologica di certi ubriaconi che hanno popolato i locali e le locande di ogni epoca.

Con la riforma protestante, nemica degli eccessi della vita mondana, il vino perse la sua sacralità. Promotore di questa mentalità, Vermeer nella sua piccola tela Due gentiluomini e una fanciulla con bicchiere di vino mostra una ragazza corteggiata da un seduttore con un bicchiere di vino. La giovane sorride, forse compiaciuta o forse già ubriaca, ma non bisogna farsi ingannare: l’artista infatti condanna questi comportamenti poco consoni alle classi borghesi e sulla vetrata della finestra rappresenta la Temperanza, quale invito alla moderazione, soprattutto nel bere.

Jan Vermeer, Due gentiluomini e una fanciulla con bicchiere di vino (1659-1660 ca.)
Jan Vermeer, Due gentiluomini e una fanciulla con bicchiere di vino (1659-1660 ca.)

Con l’avvicendarsi delle correnti artistiche il vino venne svuotato del suo significato iconografico, ma un’altra bevanda ne prese il posto, seppur con note più negative: l’assenzio.

Celebrato da molti artisti e letterati bohèmienne, la bevanda era uno dei simboli di affrancamento dalla società; il genio dei grandi ne era ispirato ma, assieme alla creatività, cresceva anche una sorta di consapevole malinconia. Opere come L’assenzio di Degas e La bevitrice di assenzio di Picasso mostrano bene questa condizione: figure chiuse in se stesse, sole ed estraniate dal mondo che le circonda, lo sguardo assente e perso nel vuoto, rincorrono il filo dei loro imperscrutabili pensieri.

Edgar Degas, L'assenzio (1875-1876)
Edgar Degas, L’assenzio (1875-1876)
Pablo Picasso, La bevitrice di assenzio (1901)
Pablo Picasso, La bevitrice di assenzio (1901)

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Leonardo Lussana

Cresciuto in una frazione sperduta delle valli orobiche, dove anche l'automobile di Google Maps si è rifiutata di arrivare, sin da piccolo coltivo la mia passione per il disegno e la pittura. Avevo due anni quando, di mia iniziativa, presi i gessetti colorati e decisi di lasciare il primo di una lunga serie di lavori sui muri di casa. Opera d'arte purtroppo cancellata prima che quelli del Moma la potessero vedere, mia mamma decise di tappezzare le pareti di casa con fogli di carta in modo da prevenire le mie scorribande vandaliche. Dopo l'iter delle scuole dell'obbligo e maldestri tentativi di sfondare nel mondo della pallacanestro e del calcio, mi sono diplomato al Liceo artistico e di conseguenza laureato in Storia dell'arte a Milano, il tutto corredato dai soliti stage di rito. Attraverso Pequod vorrei parlarvi dell'arte, dei suoi protagonisti e delle opere da essi realizzate: che come istantanee raccontano il passato e il presente dell'umanità; magari con la cultura non si sazia lo stomaco, ma sicuramente si appaga la mente e il desiderio della conoscenza.

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