WHOSE THIS SONG? Un viaggio alla ricerca di una canzone
Chia e tazi pesen?/ Whose This Song? È un film (ma più di un film) della regista bulgara Adela Peeva uscito nel 2003, nel quale mi sono imbattuta esattamente un anno fa durante una lezione di Antropologia della musica. L’azione del film si svolge nei paesi della penisola balcanica: la continua “lotta” per l’appartenenza della canzone crea situazioni tragicomiche e drammatiche dovute a colpi di scena, metamorfosi della canzone e dalle emozioni dei partecipanti del film, guidati sempre da un sentimento identitario forte. Le trasformazioni che la canzone subisce in tutti i paesi lasciano quasi increduli: dalle piccole varianti testuali allo stravolgimento totale del significato e del contesto in cui viene utilizzata.
La regista parte dalla Turchia, dove incontra la canzone in due ambiti completamente differenti: scopre essere una canzone-simbolo della Turchia che narra di un impiegato (clerk) molto amato dalle donne. Il titolo della canzone è Uskudara e si riferisce alla città di Uskudar (=corriere, usata dai corrieri asiatici come stazione di posta). In seguito, durante una commemorazione della presa di Costantinopoli, Peeva sente la “sua” canzone: è diventata una marcia militare intimidatoria, un inno dei giannizzeri ottomani per presa della città nel 1453.
Spostandosi in Grecia, nella città di Mitilene, sull’isola di Lesbo, incontra la star e icona nazionale Glikeria. Ascolta la canzone durante un suo concerto (nota che il testo è cambiato): Apo kseno topo ki ap alaryino [Da una lontana terra straniera], è ricollegabile alla melodia di Uskudara. Un secondo testo popolare greco, cantato sulla stessa melodia, s’intitola Ehasa mantili [Ho perso il mio fazzoletto] e riassume in se diverse caratteristiche di entrambi i testi (quello turco e quello greco Apo kseno).
https://www.youtube.com/watch?v=UiWVJNGxerM
In Albania, a Korçe, la melodia era conosciuta come una canzone d’amore lirica: Ruse kose, curo, imaŝ [Che capelli biondi hai, ragazza]. Proprio in questa città Peeva incontra ed intervista Theresa Kreshova, una cantante di teatro, che da vent’anni canta questa canzone, nei teatri albanesi (tra cui l’opera di Tirana).
Anche in Bosnia la canzone esiste come elogio d’amore; canzone urbana con diversi testi a sfondo romantico, Guardami, ragazza dell’Anatolia, e come inno sacro delle comunità musulmane bosniache (viene intervistato il direttore del coro della comunità di Sarajevo).
Emina Zecaj – cantante
A Skopje la regista si reca da Baba Erol, uno degli esponenti della comunità dei dervisci della città; ella gli fa ascoltare la versione islamica precedentemente registrata in Bosnia. Spiega che si tratta di una canzone della jihad, che loro hanno usato a favore dell’ islamizzazione, inserendo un nuovo testo alla canzone molto popolare già esistente.
Il motivo della canzone venne reso ancora più noto grazie alla colonna sonora di un film jugoslavo del 1953, Ciganka (Ragazza zingara) di Vojislav Nanovic. In Serbia, la presenza dello spirito zingaro è molto presente e sentita, ma per capirlo a fondo occorre assistere alle celebrazioni del giorno di san Giorgio. Nell’anno del viaggio di Adela Peeva, la festività coincideva con la Pasqua ortodossa. Colpisce molto l’intervista che la regista fa ad un prete ortodosso della zona: «Si tende a “gitanizzare” tutto, e a dire che tutto ha avuto origine con gitani. È il giorno di san Giorgio oggi, come lo chiamano gli zingari nella loro lingua? Non esiste, anche loro lo chiamano “il giorno di san Giorgio”. Gli zingari dell’Iran o dell’Iraq celebrano il giorno di san Giorgio? Come possono celebrarlo quando lì sono tutti musulmani? Questo è un terribile equivoco. Si ricorre sempre più spesso alla “gitanizzazione” totale.
Infine Adela Peeva torna nella sua patria, la Bulgaria dove scopre, grazie al suo amico Sliven, un armatore, che la canzone viene cantata nella zona di Petrova niva (nella regione della Strandja, vicina al confine turco), durante una festa nazionale per rendere omaggio agli “eroi che si imposero alle leggi dell’impero ottomano”. Prende il titolo di Una Luna chiara sta crescendo ed è l’inno, un’icona e una reliquia degli insurrezionalisti bulgari di questa regione montana.
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