Alle radici del culto della personalità: il villaggio natale di Mao Zedong
Ricordato per i suoi contributi teorici alla ideologia marxista, l’attivismo rivoluzionario durante la guerra civile e la pluridecennale leadership politica all’interno del Partito Comunista, l’eredità culturale del fondatore e primo presidente della Repubblica Popolare Cinese continua ancora oggi a permeare la società della Cina contemporanea. Secondo diverse modalità e ricorrenze, i cittadini cinesi si prodigano a perpetuare la memoria del grande leader, esibendo un ritratto di Mao Zedong nella propria abitazione o attività commerciale, pubblicando un post celebrativo su un social network, e così via.
Un vero e proprio culto della personalità, originatosi nell’entroterra cinese negli anni Trenta, in concomitanza con i primi successi ottenuti dall’Armata Rossa durante la guerra civile. È in questi anni che il mito dell’avanzata comunista va a fondersi con le superstizioni contadine e il tradizionale simbolismo imperiale e appaiono i primi ritratti di Mao con la testa circonfusa di raggi. Negli anni Quaranta gli scritti teorici di Mao Zedong vennero assurti a modello ideologico del Partito Comunista: l’ideologia di riferimento dunque non è più il marxismo classico, ma un marxismo “cinesizzato”, secondo l’interpretazione maoista. Alle capacità dimostrate in ambito militare dunque, si andò ad aggiungere un’aura di infallibilità ideologica e politica, incrementando di fatto la supremazia politica del leader. Una supremazia che porterà i suoi frutti con la fine della guerra civile e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, raggiungendo il suo apice durante la Rivoluzione Culturale e la pubblicazione del celebre Libretto Rosso, summa del pensiero maoista.
Se il Mausoleo di Mao Zedong, situato a piazza Tiananmen a Pechino, testimonia l’animo più istituzionale del Grande Timoniere, le radici del sentimento popolare maoista si possono ritrovare a Shaoshan, villaggio natale di Mao Zedong. Situato nella regione dell’Hunan, si tratta di un vero e proprio museo-santuario, che attira quotidianamente migliaia di visitatori. Scolaresche, famiglie, gruppi aziendali, arrivano da tutte le parti della Cina per visitare l’abitazione e la scuola frequentata dal giovane Mao. Lettere, libri, suppellettili, fotografie d’epoca, contribuiscono a ritrarre la quotidianità di un figlio esemplare e uno studente modello, amante degli studi classici e dedito a una vita frugale e bucolica.
La visita prosegue in un Memoriale, che presenta i momenti salienti della formazione personale di Mao Zedong, e si conclude con un particolare cerimoniale comprendente svariate riverenze nei confronti di una statua dorata del Grande Timoniere. Terminata la visita, presso l’area dedicata ai souvenir, la solennità lascia spazio al folklore.
“Vesti tuo figlio come un soldato dell’Armata Rossa”, “Stringi la mano al Timoniere”, sono alcuni esempi dei pittoreschi set fotografici ricostruiti ad hoc per i nostalgici visitatori, dove con l’aiuto di Photoshop si soddisfano le richieste più curiose e kitsch.
Capi di abbigliamento, spille, vestiti, libri, sigarette, e gadget di ogni tipo arricchiti con l’effigie o le massime di Mao Zedong riempiono le bancarelle, lasciando al visitatore il peculiare senso di stordimento derivato dalla commistione tra sacro e profano, che pare non risparmiare il culto della figura politica che ha dato i natali alla Cina che conosciamo oggi.
In Copertina: Statua di Mao a Shaoshan [ph. N509FZ CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons]
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