La cultura sotto attacco: dalle legioni romane di ieri alla Cina di Mao, fino all’Isis di oggi
È passato un anno dall’attentato al Museo del Bardo di Tunisi e i mandanti, nonostante campagne belliche internazionali, guidate ora dalla Russia ora dalla Nato, sono ancora lì. Armati, organizzati e spietati, governano un’intera zona geografica che da bambini abbiamo imparato a conoscere con il nome di Mesopotamia. La loro entità, come un gioco di specchi, talvolta presenta una fisionomia simile ad uno Stato moderno, diviso e organizzato in “wilayas”, ossia regioni amministrative, talvolta invece ricorda un sistema feudale, dove il leader dell’organizzazione autoproclamatosi “califfo” governa senza nessuna visione democratica, sottoponendo la popolazione di quelle terre a violenze e soprusi dal fetore medievale. La forza bruta resta l’unico strumento utile alla gestione della vita quotidiana.
Isis o Califfato Islamico sono gli appellativi con cui identifichiamo questo fenomeno del tutto nuovo, affacciatosi sulle scenario internazionale con azioni efferate e attacchi terroristi cruenti, che molte volte hanno avuto quali obiettivi musei, monumenti e tutto ciò che potrebbe rientrare nel campo semantico della “cultura”. Perché? Quali sono gli effetti perseguiti dagli stessi sanguinari autori? La risposta non potrà essere univoca, ma come una tavolozza di colori, potrà dipingere sfumature differenti.
Nei secoli, l’uomo ha più volte violato le magnificenze che altri uomini prima di lui hanno eretto. A volte, la furiosa guerra alla cultura fu perpetrata dal cieco credo politico. È questo il caso della Cina e del suo millenario patrimonio artistico, spazzato via dalla rivoluzione culturale di Mao. Ad immortalare questa pagina di storia restano le straordinarie parole di Tiziano Terzani: «Andai a cercare quella nuova cultura che doveva esser nata dalla rivoluzione e non trovai che i mozziconi di quella vecchia, splendida cultura che nel frattempo era stata sistematicamente distrutta».
Altre volte, invece, la distruzione voleva rappresentare l’assoluta superiorità sul vinto, l’annichilimento dell’avversario. I Romani usarono spesso questo tipo di strategia con lo stesso fine; celebre rimane l’espressione “Cartago delenda est” pronunciata dal senatore Catone, che alla fine della terza guerra punica accompagnò l’annientamento di Cartagine, città alla quale non fu risparmiato nemmeno il Tempio di Eshum.
Purtroppo la storia non finisce qui. Di cultura distrutta, persa e saccheggiata potremmo catalogare interi libri. Libri, già, come quelli di Proust e Einstein messi al rogo nel’ 33 dalla follia nazista. Ma forse dopo questi, non certo esaustivi ma sicuramente significativi esempi, il nuovo e moderno attacco alla cultura va osservato in un altro modo. Attraverso un’altra visione prospettica e con una diversa finalità.
In una società sempre più globalizzata e teletrasmessa, attaccare un teatro, come avvenne nel 2002 al Dubrovka di Mosca, o le millenarie statue di Buddha di Bamiyan in Afghanistan, garantisce agli autori un’importante cassa di risonanza mediatica. E obbliga i principali interpreti dello scacchiere internazionale a “fare i conti” con gli stessi forgiatori di distruzione: il Metropolitan di New York, ad esempio, chiese il permesso di portare negli Stati Uniti i due Buddha minacciati. Questo fu solo il primo di una serie di accorati appelli: anche il governo indiano si fece avanti proponendo di prendere in consegna le due statue; persino il musulmano Pakistan chiese invano al regime talebano di annullare la decisione. Insomma. in un brevissimo periodo di tempo il mondo si accorse di loro, dei Talebani e di quella remota terra afgana. Dunque oggi, attaccare obiettivi culturali di interesse internazionale, tutelati dall’UNESCO, è un gesto antitetico all’ordine mondiale, in grado di garantire a chi lo compie un posto a sedere al grande tavolo delle trattative internazionali.
E così, dacché la storia è ciclica, ecco l’Isis, soggetto sovvertitore, lontano dagli ordinari canoni di entità statale, che cerca di affacciarsi sul mondo perpetrando violenza: distruggendo Palmira, splendida regina del deserto; decapitando archeologi come Khaled al-Asaad; assaltando musei e monumenti millenari. Ma è proprio in questo momento, quando il terrore dilaga, che bisogna provare a rimanere retti, come retta rimase la parete che a Milano ospita L’ultima cena di Leonardo da Vinci mentre gli eventi bellici della seconda guerra mondiale distruggevano tutto ciò che le stava intorno: vite, muri e tesori.
In copertina: vista della roccia dove sono scolpiti monasteri e statue di Buddha, Bamiyan, Afghanistan (ph. Roland Lin CC BY-SA 3.0.igo).
1803, Bamiyan, Bardo, featured, ISIS, Palmira, Tunisi