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L’Educazione civica non si fa (soltanto) sui libri

Riposto il tricolore dopo i festeggiamenti del 25 aprile, anche quest’anno gli italiani hanno svolto il loro ruolo da cittadini consapevoli, chi esprimendo gratitudine per la conquistata libertà, dandola meno per scontata del solito, chi polemizzando sul fatto che il Giorno della Liberazione debba esistere 365 giorni l’anno, o chi ancora insinuando dubbi più o meno leciti sull’effettiva libertà dei cittadini dello Stivale.

Un tale entusiasmo nell’esprimere la propria opinione e nel sentirsi cittadini d’Italia fa quasi sorridere, o innervosire, se si pensa all’affluenza da record (negativo) al recente referendum sulle trivelle, alla posizione del Capo del Governo in merito alla questione e alle innumerevoli parole che sono state dette e scritte sull’argomento. Come nasce dunque questo duplice animo dei cittadini italiani, talvolta motivati e intrisi di senso civico, altre volte apatici e totalmente indifferenti allo Stato, con tutti i suoi annessi e connessi?

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La risposta a questa problematica dicotomia va ricercata, come spesso accade, nelle nuove generazioni: si sa che i giovani sono come una tabula rasa, pronti per essere formati e modellati dalla società che li circonda. E quando si parla di senso civico, la scuola sembra venire prima della famiglia nel compito di infondere nelle nuove leve i valori del buon cittadino italiano. Ma che cos’è davvero l’Educazione civica nelle scuole italiane?

Lo abbiamo chiesto ad alcuni insegnanti della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Cene e Gazzaniga, provincia di Bergamo, la cui Dirigente è la dottoressa Elena Margherita BerraGiuseppe Scarlata, docente di Lettere, la definisce così: «La formazione degli alunni, sia facendo conoscere loro i principi della Costituzione, sia cercando di stimolare il senso civico in ognuno di loro evitando la semplice teoria e mettendo in pratica le parole. Per quanto mi riguarda l’educazione civica viene affrontata quotidianamente, ogni volta che si presenta l’occasione, spiegando storia, leggendo un brano di antologia o scoprendo i problemi dell’ambiente». Sembra dunque che l’Educazione civica rappresenti un sostrato comune a più discipline, qualcosa che trova espressione in ambiti e materie diverse; dello stesso parere è anche Patrizia Ongaro, insegnante di Lettere: «L’educazione civica è diventata un sapere trasversale: io personalmente, ma come penso molti docenti, ho affrontato temi di cittadinanza in tutte e tre le materie che insegno. Temi come il lavoro, i diritti e i doveri, la famiglia, il comune, l’organizzazione dello stato, la parità, le tasse, democrazia e dittature, l’ambiente… Sono argomenti che ho sviluppato svolgendo il mio programma».

Insomma, ai docenti intervistati sembra essere ben chiaro il proprio compito di “educatori del senso civico”, verso il quale mostrano una particolare devozione. Tuttavia, che cosa prevede ufficialmente lo Stato in merito all’insegnamento dell’Educazione civica? Ce lo spiega Scarlata: «Alle scuole medie alcune ore di Storia vengono dedicate alla disciplina, mentre nella scuola superiore l’educazione civica sembra sparire, tranne in quelle scuole in cui si insegna Diritto». Può sembrare lecito domandarsi se questa apparente sottovalutazione della disciplina possa costituire un problema vero a livello educativo. Ci rassicura Elisabetta Corna, docente di Lettere, che concorda coi colleghi: «L’ora di Educazione civica “istituzionalizzata”, a volte invocata come fosse la soluzione di tutti i mali, non è necessaria nel momento di cui, lavorando per competenze il più possibile, si insegna ai ragazzi che la società la si costruisce insieme, cominciando dal costruire all’interno della classe delle buone relazioni. In fondo, in questo lavoro di costruzione di un “sé” in relazione libera con gli altri, sta la chiave della felicità nella vita di una persona».

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L’Educazione civica sembra dunque essere profondamente radicata nella scuola media, seppure non sia fissa nella programmazione dell’orario delle materie o sottoposta a prove di verifica. Del resto, aggiunge Scarlata, «i ragazzi vedrebbero questa disciplina noiosa se istituzionalizzata, è molto più efficace associarla ai vari momenti della quotidianità scolastica, ad aspetti pratici. Ad esempio con le classi terze organizzo uno spettacolo per il 25 aprile. Quest’anno il titolo è La libertà è l’ossigeno dell’anima».

Ed è proprio in queste attività “pratiche”, slegate dalle pure materie di studio, che sta l’essenza delle proposte alternative messe in atto con successo dall’Istituto Comprensivo di Cene e Gazzaniga. Il progetto SCAT (Scuola, Cultura, Arte e Territorio), di cui ci parla Rosaria Bosio, docente di Arte ed Immagine, è una di queste proposte innovative e si pone l’ambizioso obiettivo di avvicinare la cittadinanza alla conoscenza della nostra Costituzione. Come? Tramite la rappresentazione pittorica degli articoli della Costituzione in spazi pubblici della città, che in questo modo vengono abbelliti e restituiti alla cittadinanza. «Educazione civica quindi non è solo una materia di studio, ma è un dovere di tutti», ci dice Bosio.

Ancora, la professoressa Corna ci racconta di come l’impegno dei docenti della scuola secondaria abbia portato alla formazione del Consiglio Comunale dei Ragazzi: «Straordinario strumento di partecipazione attiva alla vita civile, a partire dal proprio Comune, primo luogo di democrazia che ciascuno di noi conosce; esso coinvolge attivamente i ragazzi della secondaria di primo grado e, solo come elettori, quelli delle classi quinte della primaria».

Questi entusiasmanti esempi e le altre numerose iniziative promosse dalla scuola secondaria di primo grado faranno forse ricredere anche i più scettici sull’impegno della scuola dell’obbligo nell’educare le nuove generazioni ad essere cittadini coscienti e responsabili. Di fronte ad un tessuto sociale reso sempre più complesso dalla mancanza di valori, la scuola e gli insegnanti si pongono obiettivi ambiziosi ideando modalità sempre nuove e stimolanti di formazione e trasmissione della cultura e del senso civico.

 

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Margherita Ravelli

Nata nel 1989 ad ovest della cortina di ferro, dalla mia cameretta della provincia di Bergamo ho sempre guardato con curiosità verso est, terra dei gloriosi popoli slavi. Dopo aver vagabondato fra Russia, Ucraina e Polonia ho conseguito la laurea magistrale in lingua e letteratura russa, con una tesi sul multilinguismo e sulla multiculturalità nella repubblica russa del Tatarstan. Sono responsabile della sezione Internazionale di Pequod, oltre che redattrice occasionale per attualità, cultura e viaggi.