Ulisse Fest: Professione reporter
Non amare i viaggi sarebbe un vero problema per gli ospiti dell’evento Professione Reporter. L’inviato speciale tra fiction e realtà, tenutosi in Piazza Vecchia a Bergamo il 30 giugno in occasione di Ulisse Fest. Giulia Tornari, editor di contrasto e coordinatrice dello staff di fotografi, ha chiesto a degli ospiti d’eccezione di raccontare la loro professione senza censurare gioie e dolori della vita da reporter in viaggio, talvolta freelance, altre volte invece alle dipendenze di un giornale.
Fra i reporter che hanno incantato il pubblico con i loro racconti c’è Lorenzo Tugnoli, fotografo, che collabora stabilmente con il Washington Post e ha pubblicato i suoi scatti su testate di tutto il mondo, da The New York Times agli europei Der Spiegel e Le Monde. Attualmente di base a Beirut, con i suoi scatti ha rappresentato l’umanità nelle sue diverse sfaccettature, dai bambini soldato di Gaza agli artisti di Kabul, di cui insieme alla scrittrice Francesca Recchia ha narrato difficoltà e quotidianità nel volume The Little Book of Kabul.
Enrico Franceschini, corrispondente estero de La Repubblica da Londra, ha scelto di condividere con la platea di Città Alta il racconto della sua carriera trentennale in giro per il mondo inseguendo eventi e notizie. Difficile fare una classifica di viaggi e luoghi per chi come lui è stato dappertutto e ha saputo conoscere realtà diverse fra loro, ma confessa che la Russia rappresenta per lui uno dei luoghi più significativi. Per anni inviato da Mosca, ci trasporta nei suoi ricordi dell’Unione Sovietica degli ultimi anni e nella Russia post-comunista degli anni Novanta, dove tutto era possibile, anche sedersi su un missile senza alcuna protezione. La Russia di Enrico Franceschini e i suoi protagonisti, da Gorbačëv a Eltsin, dalle barricate ai boschi senza fine.
Da ultima la più tosta di tutti, Francesca Borri, giovane giornalista freelance divenuta esperta di jihad, ha parlato delle sue Maldive, il paradiso dei turisti mondiali dove i giovani sognano di arruolarsi e combattere la guerra santa. Racconta che per capire un luogo non ci si può rimanere per pochi giorni, e che per creare contatti e costruire le proprie storie è necessario tornare spesso, anche quando apparentemente non succede nulla. I suoi reportage nascono proprio dalla costante ricerca e dal continuo confronto con le persone. Le sue parole trasmettono la passione per il suo mestiere, le difficoltà e il peso emotivo di certe esperienze forti che ha saputo curare soltanto rimettendosi in viaggio, più tenace di prima.
Non sono mancati commenti sulle sfide della vita da freelance e sulle spietate dinamiche dello scoop, ma in fondo si può dire che i tre reporter professionisti siano d’accordo con il premio Pulitzer David Remnick, quando disse che il loro è forse il mestiere più divertente che si possa fare con i calzoni addosso.
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