Il ricordo come bussola: “La memoria delle tartarughe marine”
Uno dei miei aforismi preferiti recita: “Fate come gli alberi: cambiate le foglie, ma conservate le radici. Quindi, cambiate le vostre idee ma conservate i vostri princìpi”. Queste parole di Victor Hugo mi appaiono intramontabili: le rileggo e ogni volta finisco per pensare al fatto che per conservare la propria identità, si debba necessariamente conservare la memoria. È proprio sul tema del ricordo che si sviluppa una delle mie letture più recenti: lo scorso novembre, durante il Lucca Comics&Games – la più grande fiera italiana nell’ambito dei fumetti e dei videogiochi, prima in Europa e seconda al mondo dopo il Comiket di Tokyo – mi sono imbattuta nel fumetto che, una volta letto, mi si sarebbe letteralmente cucito addosso: La memoria delle tartarughe marine. Pubblicato da Tunuè, casa editrice specializzata in graphic novel per ragazzi e adulti, è opera della scrittrice ed illustratrice romana Simona Binni, che con Tunuè ha già pubblicato opere come Silverwood Lake e Amina e il vulcano. Durante il nostro breve incontro Simona mi ha dedicato un disegno ad acquarello realizzato sul momento, raffigurante uno dei personaggi della storia.
Ne La memoria delle tartarughe marine le tematiche affrontate sono molte e complesse: l’indissolubilità dei legami familiari, la paura dell’ignoto e la forza di cambiare rimanendo fedeli a se stessi, ma soprattutto il valore delle radici, la consapevolezza della propria identità e la sua celebrazione attraverso i ricordi. L’autrice, grande amante del mare, sceglie come scenario predominante della sua storia Lampedusa. L’isola, oggi tristemente famosa a causa delle vicende che coinvolgono migliaia di migranti, è descritta come un luogo quasi fermo nel tempo, dimenticato dal mondo. Una realtà apparentemente immota, arcana, circondata da confini liquidi e azzurri che si confondono col cielo, e che al protagonista, Giacomo, stanno troppo stretti. Talmente stretti che un giorno decide di allontanarsi e fuggire nella cosmopolita Milano, lasciandosi alle spalle la famiglia e quel frammento di terra nel Mediterraneo che lo aveva fatto sentire in prigione. Davide, il fratello maggiore, sceglie invece di restare nel luogo a cui sente di appartenere per occuparsi della sua missione: la tutela delle tartarughe marine che a Lampedusa, sulla Spiaggia dei Conigli, depongono le loro uova. Personalità profondamente differenti e contrastanti, i due fratelli finiranno per intraprendere due strade completamente diverse: Davide sceglierà di dedicare tutta la sua vita al mare e alla cura dell’ambiente dove è nato, Giacomo diventerà manager di successo per un’importante azienda milanese; ma niente dura per sempre, e una decina di anni dopo, la vita deciderà di stravolgere i progetti di Giacomo, mettendolo davanti a una serie di scelte che lo costringeranno a fare i conti con se stesso e con le proprie paure.
Le tartarughe marine che danno il titolo all’opera vengono rese coprotagoniste di una vicenda in cui la voce del passato e quella del futuro si accostano per armonizzarsi, facendo risaltare il ruolo prezioso della memoria. Se all’inizio della vicenda il lettore si approccia a un protagonista apparentemente freddo, riluttante e quasi cinico nel ripercorrere il proprio passato, gradualmente lo stesso lettore è portato ad entrare nelle sue emozioni, a sondarle per metterle in discussione, mettendo così in discussione anche le proprie. La scelta delle tartarughe come animali totem non è casuale: gli studiosi hanno osservato infatti come, annualmente, le tartarughe marine della specie Caretta caretta si spingano fino alle coste sabbiose per deporre le proprie uova; una volta deposte, le femmine scavano una buca profonda e le nascondono sotto la sabbia per non renderle visibili ai predatori. Dopo una settantina di giorni, le uova si schiudono e le piccole tartarughe si dirigono verso il mare. Scientificamente sappiamo che questa precisione e immediatezza nel muoversi verso l’acqua è garantita da tre meccanismi: il fototattismo positivo, che spinge i piccoli a dirigersi verso il punto più illuminato dello spazio circostante; la percezione di vegetazione nei pressi del nido e la pendenza della spiaggia, per cui i cuccioli di Caretta caretta si muovono verso le zone di minore pendenza.
Durante il tragitto verso il mare, quindi, i piccoli memorizzano una serie di informazioni che si rivelano essere affatto casuali. Come tutt’altro che casuale è la scelta delle madri di questa specie di nidificare sulla stessa spiaggia dove sono nate. Questi animali, quindi, finiscono per effettuare una specie di ritorno alle origini, quasi celebrando un rituale ciclico: le tartarughe marine sviluppano una sorta di imprinting nei confronti della loro spiaggia natale e, dopo essere cresciute, utilizzano questa conoscenza irreversibile come una bussola in grado di riportarle a casa. Tale fenomeno, chiamato natal homing, è stato spiegato dagli esperti attraverso due principali ipotesi: la prima afferma che le tartarughe marine siano in grado di memorizzare le caratteristiche chimiche delle loro spiagge natali; la seconda si basa sulla capacità di questi animali di sfruttare i campi magnetici terrestri durante i loro spostamenti in mare; quindi, memorizzando il particolare magnetismo della loro spiaggia natale, da adulte le Caretta caretta sono in grado di farvi ritorno.
Seguire il richiamo delle proprie origini è quindi qualcosa di connaturato nelle tartarughe marine; allo stesso modo, per noi esseri umani la memoria si contraddistingue come elemento imprescindibile: è ciò che ci permette di ritornare con la mente alle prime esperienze dell’infanzia, di avere un’identità, di emozionarci e di consolidare gli affetti, di conservare le conoscenze per poterle condividere con gli altri nella vita di tutti i giorni. Per sentirci realmente a casa siamo chiamati a riscoprire quell’umanità perduta anche e soprattutto ricongiungendoci al passato con spirito critico e riflessivo.
Neppure la scelta di ambientare la vicenda a Lampedusa è casuale: nonostante nella narrazione non venga mai specificato il tempo in cui si svolge la storia, capiamo che si tratta di un periodo recente, e che sullo sfondo si sta consumando un dramma umano in cui la ricerca della propria casa equivale alla ricerca di amore e compassione e la perdita della bussola corrisponde ad una sconcertante perdita di umanità. Con stile dolceamaro e a tratti molto malinconico, attraverso illustrazioni morbide e dai colori pastello che si alternano ad immagini brusche ed essenziali, Simona Binni realizza un’opera dalla profonda carica emotiva, che stimola il lettore a porsi più di una domanda. Quanto valore diamo alla memoria oggi? Quante volte rimuoviamo i tasselli del passato? Forse scivoliamo con troppa facilità nell’errore di pensare che il presente sia un qualcosa di a sé stante, anziché una conseguenza, un sintomo, una spia. La memoria delle tartarughe marine si conclude con un finale aperto, lasciandoci il tempo per rimanere sospesi a riflettere, a contemplare. Si richiude il volume e una riflessione ci accompagna: forse, l’unica maniera che abbiamo per restare umani, è ricordarci di ricordare.
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